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Un Sole in miniatura si accenderà in laboratorio

192 fasci laser focalizzati all’interno di un cilindro cavo in un miliardesimo di secondo. In questo modo prenderà vita la prima stella creata in laboratorio. A renderlo noto è un gruppo di ricercatori, guidato da John Edwards, che ha pubblicato sulla rivista americana Physics of Plasmas un dettagliato articolo in cui viene spiegato il procedimento che porterà alla realizzazione della stella. Un processo, questo, che vedrà il formarsi di un vero e proprio “forno a raggi X”, una camera che imploderà con temperatura e pressione simili a quelle presenti al centro del Sole. L’esperimento, genererà, grazie ai fasci laser, un’energia di 1,8 megajoule con 500 terawatt di potenza, pari a mille volte l’energia usata da tutti gli Stati Uniti in un momento.  Il tutto si svolgerà in una camera che ha le dimensioni di una zolletta di zucchero, raffreddata criogenicamente e contenente una piccolissima capsula, grande quanto un cuscinetto a sfera, contenente deuterio e trizio.

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Un dispositivo portatile in grado di rilevare tracce di antrace

Ricercatori della Cornell University e della University of Albany hanno recentemente presentato un dispositivo portatile in grado di rilevare la presenza, anche di una piccola quantità, di spore di antrace, il tutto nel giro di appena un’ora di analisi. Il rilevatore misura circa 3 centimetri, ed è abbastanza compatto da poter essere integrato nel vano portaoggetti di un aereo. Questo dispositivo portatile in grado di rilevare l’antrace può anche essere potenzialmente modificato per rilevare altri agenti patogeni come la salmonella, oppure utilizzato come strumento di DNA forense. Fonte

Occhiali bionici con tecnologia di smartphone e console di gioco

Ricercatori della Oxford University hanno iniziato lo sviluppo di occhiali bionici che contengono la tecnologia che si trovano comunemente nelle console di gioco e smartphone. Il dr. Stephen Hicks, del Dipartimento di Neurologia Clinica dell’Università di Oxford, a capo del progetto, e un team di ricercatori di Oxford, hanno così messo a punto questi particolari occhiali che potrebbero aiutare le persone con degenerazione maculare e retinopatia diabetica. Gli occhiali utilizzano la medesima tecnologia impiegata in videocamere, con riconoscimento del volto, software di monitoraggio, impiego di sensori di profondità e rilevatori di posizione. “Vogliamo essere in grado di migliorare la vista di coloro che l’hanno persa o che riescono a vedere ben poco o quasi nulla”, ha dichiarato Hicks. I gli occhiali hi-tech integrano anche un OCR che traduce il testo letto dalle telecamere in parole pronunciate da opportuni auricolari. Hicks ha aggiunto che ci vorrà un po’ di tempo affinché la gente si abitui a questo nuovo tipo di tecnologia, ma ritiene che il gioco varrà la candela; una volta entrati in produzione, si stima che gli occhiali avranno un costo approssimativo di circa  un costo di circa 550 euro. Fonte

Nuova tecnologia Wi-Fi potrebbe raddoppiare la durata della batteria nei telefoni

È noto a tutti che l’utilizzo del WiFi sui dispositivi mobili come smartphone, tablet e notebook può abbattere drasticamente la durata della batteria. Ora, una nuova tecnologia WiFi, proposta da uno studente di informatica della Duke University, promette di raddoppiare la durata della batteria nei telefoni e non solo. Lo studente Justin Manwelier, ha chiamato la tecnologia  SleepWell, i primi testi in laboratorio sembrano dare buone speranza, anche se ad oggi non è possibile prevedere se e quando la tecnologia sarà impiegata in dispositivi commerciali. SleepWell funziona permettendo ai dispositivi di mantenere attive le connessioni wireless anche in sleep mode, in modo da andare in stand-by (senza così consumare energia) senza bloccare la connessione alla rete. Fonte

Ricercatori utilizzano stampante a getto d’inchiostro per la creazione di dispositivi solari

Ricercatori della Oregon State University hanno messo a punto una nuova tecnica, che grazie all’impiego della calcopirite, permette di “stampare” celle fotovoltaiche CIGS (denominate tali per la presenza di rame, indio, gallio e selenio) impiegando una comune stampante a getto di inchiostro. Un singolo strato di calcopirite (uno o due micron di spessore) è in grado di catturare l’energia dai fotoni in modo più efficiente rispetto a uno strato di silicio da 50 micron di spessore. I due principali vantaggi dei dispositivi solari CIGS sono il bassissimo costo per la loro produzione, il che significa che possono essere prodotti rapidamente e in grandi quantità, e la diminuzione della quantità di rifiuti di materie prime; secondo lo studio, tali nuovi dispositivi sono in grado di ridurre lo spreco di materie prime del 90 per cento. Fonte e approfondimento

Ingrediente contenuto nelle mele mantiene muscoli forti

Alcuni ricercatori, al fine di prevenire l’atrofia muscolare che interviene a seguito di alcune malattie o con l’avanzare dell’età, hanno scoperto che un composto naturale contenuto nelle mele, potrebbe essere il giusto ritrovato per porre rimedio all’annoso problema. Nella fattispecie, la componente chiave, l’acido ursolico (triterpene policiclico, che viene anche estratto dalle foglie del rosmarino), si troverebbe nella buccia delle mele. Per giungere a tale conclusione, i ricercatori dell’Università dello Iowa, guidati dal prof. Christopher Adams, hanno eseguito una serie di test su alcune cavie; quando l’acido ursolico è stato aggiunto al cibo dei topolini da laboratorio, per un periodo di settimane, i loro muscoli sono cresciuti sensibilmente. I topolini hanno anche manifestato un fisico più tonico e un livellamento generale dei livelli di glucosio, colesterolo e trigliceridi. Non è ancora chiaro se i medesimi positivi effetti possano dare gli stessi benefici all’uomo, in tal senso il gruppo di lavoro sta proseguendo la ricerca. Nel frattempo, il motto “una mela al giorno leva il medico di torno”, sembra conquistate un altro punto a suo favore. Fonte

Computer basato sul DNA può calcolare radici quadrate di interi fino a 15

L’acido deossiribonucleico (DNA) è il materiale genetico di tutti gli organismi viventi conosciuti sulla Terra. Ora, alcuni ricercatori vogliono trasformare tale materiale genetico in poli-acidi in grado di funzionare da computer. Le prime ricerche hanno dimostrato che, mediante la creazione e la miscelazione appositamente creata con filamenti di DNA, insieme a proteine ??che ne promuovono la replica, i filamenti di DNA possono fungere da porte logiche ed eseguire operazioni booleane (AND, OR e NOR) i cui risultati sono rappresentati come un filo prodotto da due catene di DNA. I ricercatori del California Institute of Technology (CalTech) sarebbero così stati in grado di creare il computer più grande al mondo basato su DNA. Combinando 74 molecole, hanno creato un circuito di quattro bit in grado di calcolare la radice quadrata di un numero intero fino a 15. Non si tratta di un super calcolatore, la radice quadrata di un intero a quattro bit ad oggi può richiedere anche 10 ore di elaborazione, tuttavia, i ricercatori sono convinti di poter ridurre drasticamente i tempi di calcolo. In un futuro non prossimo lontano tali “computer” potrebbe essere direttamente iniettati nell’individuo ed effettuare screening diagnostici mai visti primi, nonché operare come farmaci selettivi. Fonte

Radiazioni nucleari possono influire sul sesso del nascituro

Alcuni ricercatori dell’Helmholtz Zentrum München, hanno scoperto che a lungo termine, l’esposizione alle radiazioni nucleari portano a un aumento delle nascite maschili rispetto a quelle femminili. I ricercatori Scherb e Voigt hanno studiato coloro che vivono, o hanno vissuto, vicino a impianti nucleari, così come le zone colpite dalle radiazioni emesse dalle bombe atomiche di test prima del Trattato che ne bandisse l’uso nel 1963. In tutti i casi esaminati, è emerso che le nascite maschili sono state di gran lunga superiori a quelle femminili. In realtà, i ricercatori hanno scoperto che c’è stato un aumento delle nascite di sesso maschile in Europa nel 1987, un anno dopo il disastro di Chernobyl. Gli Stati Uniti, che non sono stati colpiti dal disastro nucleare, non ha subito lo stesso cambiamento delle nascite a prevalenza maschile. Inoltre, lo studio ha trovato che coloro che vivono entro 22 miglia da impianti nucleari in Germania e Svizzera hanno avuto un maggiore tasso di natalità dei neonati di sesso maschile. I ricercatori ritengono che una tale alterazione delle nascite, sia stata causata da radiazioni ionizzanti provenienti da attività nucleari; tali radiazioni possiedono caratteristiche mutagene e possono influire negativamente sulla riproduzione. “Il nostro risultato contribuisce a smentire la credenza stabilita e prevalente che le radiazioni non incidano sul pool genetico delle future generazioni”. Lo studio è stato pubblicato sul magazine Environmental Science and Pollution Research. Fonte e approfondimenti

Nuova tecnica permette di ridurre drasticamente le cicatrici chirurgiche

Scienziati della Stanford University hanno messo a punto un dispositivo in grado di ridurre notevolmente il tessuto cicatriziale dovuto alle incisioni chirurgihe. In seguito a una sutura, il tessuto circostante tende a convogliare verso i punti di sutura, creando una sorta di addensamento del tessuto. La nuova tecnica, tende a ridurre la tensione che spinge la pelle verso i punti di sutura, riducendo drasticamente la formazione di cicatrici. “Ho iniziato a lavorare su questo progetto venti anni fa, quando ero stagista presso il Massachusetts General Hospital”, ha dichiarato Geoffrey Gurtner, uno degli autori dello studio e professore associato di chirurgia. “Ho capito subito che non avremmo mai potuto risolvere il problema delle cicatrici con gli attuali strumenti e tecniche chirurgiche”. I ricercatori pensano che la nuova medicazione potrà essere utilizzata non solo per ridurre le cicatrici da incisioni, ma anche per “riparare” le cicatrici create da precedenti operazioni chirurgiche. Per effettuare i test, sono stati impiegati dei suini, la cui pelle è molto simile a quella degli umani. Si è quindi appurato che la nuova tecnica, permette di ridurre un’area di cicatrici causate da un’incisione di circa 1 pollice, di ben sei volte. Ora si passera a una seconda fase che prevede il test su un campione di essere umani. Fonte e approfondimenti

L’uso del cellulare potrebbe influenzare la fertilità maschile

Un team di ricercatori internazionali ha scoperto che l’uso del telefono cellulare potrebbe avere effetti negativi sulla fertilità degli uomini. Il prof. Rany Shamlùl, a capo del team che ha eseguito la ricerca nel Dipartimento di Farmacologia e Tossicologia presso la Queen’s University, insieme a un team di ricercatori statunitensi e austriaci, ha scoperto che maschi utenti di telefoni cellulari hanno una minore qualità dello sperma rispetto ai maschi che non fanno uso di telefoni cellulari. Lo studio è stato condotto prendendo in esame una 2000 pazienti di una clinica austriaca dell’infertilità, prendendo come arco temporale di riferimento il periodo tra il 1993 e il 2007. Dopo aver studiato lo sperma raccolto i ricercatori hanno scoperto che gli uomini che hanno usato regolarmente i cellulari avevano più alti livelli di testosterone circolante, ma bassi livelli di ormone luteinizzante, ovvero un ormone chiave nella fase riproduttiva. I risultati non sono comunque esaustivi, i ricercatori hanno infatti bisogno di ulteriori ricerche per determinare se è veramente l’uso del telefono cellulare a causare la diminuzione della qualità dello sperma, oppure la questione è legata ad altri fattori. Fonte e approfondimento

Sedicenne aiuta a sviluppare possibile cura per la Fibrosi Cistica

Marshall Zhang, uno studente liceale di 16 anni (della scuola secondaria Bayview Richmond Hill a Toronto, in Canada), attraverso l’uso di simulazioni al computer, potrebbe aver trovato una nuova terapia vitale per la fibrosi cistica. La ricerca che ha effettuato gli ha permesso di capire come certi farmaci reagiscono con le proteine ??associate alla fibrosi cistica, una malattia genetica che si manifesta su circa 1 caso su 3.000 neonati nati vivi. Mentre molti professori di biochimica presso l’Università di Toronto hanno respinto la tesi di Zhang, il dott. Christine Bear, ricercatore presso l’Hospital for Sick Children’s Research Institute di Toronto, lo ha accolto al suo laboratorio; all’interno di quest’ultimo, Zhang, utilizzando la rete canadese di supercalcolo, è riuscito a individuare una combinazione di diversi farmaci che potrebbero essere utilizzati contemporaneamente per il trattamento della malattia genetica. Il test, effettuato su alcune cellule, ha dimostrato di essere efficace. La fase successiva sarà quella di iniziare il test sull’uomo, non è infatti detto che la terapia possa essere impiegata con successo senza dannosi effetti collaterali. Fonte

Dipendenza da caffeina? Colpa di due geni

Ricercatori della University of North Carolina a Chapel Hill, il National Cancer Institute, Brigham and Women’s Hospital e della Harvard School of Public Health hanno scoperto un legame tra la variabilità genetica di due geni e la dipendenza da caffeina. La caffeina può influenzare le nostre vite in molti modi: umore, livelli di energia mentale, prestazioni fisiche, e sonno; ognuno di noi decide quanto caffeina assumere e pare proprio che questo valore sia legato alla presenza di due geni. Per giungere a tale conclusione, gli scienziati hanno studiato le variazioni genetiche in tutto il genoma di oltre 47.000 cittadini statunitensi. Il risultato finale è stata la scoperta di un legame tra due geni, chiamati CYP1A2 e AHR; i due geni scoperti possono essere presenti nel DNA in due versioni diverse, ciascuna legata a basso o alto consumo di caffeina. Gli esperti sperano che questa ricerca possa aiutare nella messa a punto di metodi terapeutici migliori. Fonte

Plastiche e materiali di gomma che si autoriparano

Alcuni ricercatori del Fraunhofer Institute in Germania, ispirandosi a quanto avviene in alcuni alberi di caucciù (specie hevea brasiliensis), capaci di risanare le ferite mediante la produzione di un particolare lattice, hanno messo a punto dei particolari elastomeri capaci di auto-ripararsi. Ciò significa che in futuro sarà possibile realizzare, ad esempio, parti di automobili (sedili, pneumatici e materiali plastici) in grado di ripararsi se usurati o scheggiati. Nel laboratorio del dott. Nellesen, gli elastomeri (gomme e materie plastiche), sono stati rafforzati con l’aggiunta di microcapsule con un adesivo monocomponente (poliisobutilene) capace di stimolare un processo di “auto-guarigione”. Attualmente il componente utilizzato per avviare il processo di “auto-guarigione” richiede un’iniezione di ioni, operazione che comunque potrebbe essere fatta attraverso un processo automatizzato che non richiede l’intervento umano. Fonte e approfondimenti

Nuovo dispositivo utilizza nanotubi di carbonio per individuare nel sangue possibili cellule tumorali

Ricercatori di Harvard e del MIT hanno sviluppato uno strumento che è in grado di individuare le cellule tumorali all’interno di un singolo campione di sangue. Mehmet Toner, a capo dello studio e professore di ingegneria biomedica presso la Harvard Medical School, e Brian Wardle, professore associato di Aeronautica presso il MIT, hanno messo a punto uno strumento che in futuro potrebbe consentire ai medici di capire se il cancro si è diffuso in altre parti del corpo. Le cellule tumorali “fuggite” dal tumore originale, sono molto difficili da individuare, poiché un campione di 1 millilitro di sangue, che contiene decine di miliardi di cellule normali, contiene solo alcune cellule tumorali circolanti; il nuovo dispositivo permetterebbe proprio di individuare con più facilità tali cellule. Grazie a un reticolo di nanotubi di carbonio rivestito di particolari anticorpi, le cellulare tumorali vengono catturate e intrappolate. Il dispositivo è attualmente in fase di sperimentazione in alcuni ospedali e si prevede che sarà disponibile in larga scala entro i prossimi anni. Gli stessi ricercatori sperano, inoltre, di poter utilizzare il medesimo congegno per la diagnosi percosse dell’HIV. Fonte

Un micro-pc da impiantare nell’occhio. Occupa solo 1 millimetro quadrato

Dennis Sylvester e David Blaauw Wentzloff, scienziati dell’Università del Michigan, hanno messo a punto il più piccolo sistema informatico a livello mondiale per contribuire a trattare pazienti affetti da glaucoma. Il micro-pc offre un ingombro di appena un millimetro quadrato, può essere facilmente impiantato nell’occhio del paziente per misurare costantemente la pressione del bulbo. Il dispositivo hi-tech integra un microprocessore a bassissimo consumo energetico, un sensore di pressione, memoria per registrare i dati prelevati e una batteria a film sottile con tanto di cella solare per la ricarica. I dati vengono trasmessi a un lettore esterno grazie a una micro-radio senza fili integrata nel device. Il dispositivo ogni 15 minuti si attiva per effettuare le dovute misurazione, con un dispendio medio energetico di appena 5,3 nanowatt.
Per mantenere la batteria carica, si richiede l’esposizione a dieci ore di luce artificiale oppure 1,5 ore di luce solare. Secondo Sylvester, “la prossima grande sfida sarà quella di realizzare simili sistemi microscopici per una serie di nuove applicazioni per il monitoraggio del nostro corpo, ma anche da sfruttare per il monitoring ambientale”. Fonte

Scienziati mettono a punto materie plastiche che trasmettono energia

Un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori in Australia e pubblicato sul magazine scientifico ChemPhysChem, dimostra come sia possibile realizzare circuiti elettronici plastici in grado di piegarsi e plasmarsi nelle forme più varie. Il team è stato in grado di utilizzare un fascio di ioni per fare in modo che una pellicola di plastica conducesse facilmente elettricità, alla stregua di altri conduttori metallici. Tali polimeri plastici potrebbero spianare la strada anche a una serie di nuovi prodotti tecnologici, come schermi e magazine digitali pieghevoli, nonche essere impiegati in biomedicina, magari per creare protesi in grado di integrarsi con il corpo umano, riducendo drasticamente il rigetto. Fonte

Nuove batterie agli ioni di litio potrebbero alimentare i veicoli elettrici

Le batterie al litio, che attualmente alimentano una gran varietà di dispositivi elettronici a basso consumo, potrebbero presto anche essere impiegate per alimentare grandi macchine elettriche, come, ad esempio, le automobili elettriche. Infatti, un nuovo studio mostra come alcuni ricercatori hanno sviluppato un nuovo tipo di batteria agli ioni di litio che migliora notevolmente le prestazioni della batteria. I ricercatori, Jusef Hassoun, Ki-Soo Lee, Kook Yang-Sole e Bruno Scrosati, presso l’Università La Sapienza di Roma e la Hanyang University di Seoul, in Corea del Sud, hanno pubblicato il loro studio in un recente numero del Journal of American Chemical Society. La nuova tipologia di batteria fa uso di un anodo di stagno-carbonio e un catodo in ossido di litio “drogato” con manganese nichel e cobalto. Un anodo cosiffatto permette centinaia di cicli di ricarica senza una riduzione della capacità, nonché l’efficienza di carica-scarica si avvicina al 100%. I nuovi materiali impiegati sono più abbondanti in natura, meno costosi, più ecologici e hanno una maggiore stabilità a basse temperature rispetto al catodo di ossido di litio cobalto utilizzato nelle tradizionali batterie agli ioni di litio. Inoltre, nel progettare il catodo, i ricercatori hanno accuratamente ottimizzato la composizione, le dimensioni delle particelle, la forma, la morfologia e la densità. Il catodo ad alta tensione e ad alta capacità fornisce alla nuova batteria una maggiore densità di energia (170 Wh/kg a tensione con portata media di 4,2 volt) rispetto alle batterie agli ioni di litio tradizionali. Le tradizionali batterie agli ioni di litio hanno una densità di energia di circa 120-150 Wh/kg, a seconda del materiale usato per la costruzione del catodo. Scrosati ha dichiarato: “In sintesi, rispetto a coloro che utilizzano batterie tradizionali agli ioni di litio, i veicoli elettrici che utilizzeranno la nuova batteria potranno avere i seguenti vantaggi:
1) un intervallo più lungo di guida (210km contro i 150 km attuali);
2) maggiore velocità massima;
3) Costi più contenuti;
4) migliori prestazioni complessive soprattutto a basse temperature.”

Fonte

Nuovo materiale converte il 15% del calore di scarto in energia elettrica

Il prof. Mercouri Kanatzidis della Northwestern University, insieme a un team di ricercatori, ha messo a punto un nuovo materiale che potrebbe aiutare a catturare e riciclare il calore generato dai dispositivi e che viene disperso senza trarne nessun beneficio; si pensi, ad esempio, al calore generato da computer, arnesi elettrici da cucina, attrezzature di palestra e via dicendo. Sfruttando le capacità dei nanomateriali, il team di scienziati ha così messo a punto un particolare materiale, composto da tellururo di piombo, che permette di convertire parte del calore generato da un dispositivo in energia elettrica. Prendendo come esempio una classica lampadina, adottando il nuovo materiale per la costruzione della stessa, l’efficienza aumenta del 10,15%. Oltre a rendere i dispositivi più efficienti, il materiale potrebbe essere impiegato per creare nuovi dispositivi a bassa tensione, alimentati esclusivamente dal calore generato naturalmente dal corpo umano. Il tellururo di piombo è relativamente raro in natura, si trova naturalmente nei depositi di montagna, significativi depositi sono stati trovati tra le montagne dell’Altai nel nord-est dell’Asia, nel Zyrianovsk, Kazakistan, Wisconsin, Moctezuma in Messico e Coquimbo in Chile. Fonte e approfondimenti

Plasma freddo potrebbe sostituire uso degli antibiotici

Il plasma a basse temperature è in grado di uccidere le specie batteriche nelle infezioni delle ferite croniche. Un team di ricercatori dell’Istituto Gamaleya di Epidemiologia e Microbiologia di Mosca potrebbe aver trovato una valida alternativa agli antibiotici. La dr.ssa Svetlana Ermolaeva, a capo dello studio, sostiene che getti di plasma freddo hanno ha la capacità di combattere diverse specie di batteri come lo Staphylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa. Gli antibiotici attualmente in commercio non sono particolarmente efficaci contro questa forma batterica.Il plasma (a bassa temperatura, 35-40 gradi centigradi) è stato testato nei ratti, e un trattamento di 10 minuti è stato efficace per uccidere i batteri e agevolare la guarigione delle ferite. Nella fattispecie, il plasma a bassa temperatura ha ucciso fino al 99% dei batteri che si trovano all’interno di biofilm cresciuti in laboratorio, dopo un periodo di cinque minuti, mentre il plasma stesso ha ucciso il 90% dei batteri che infettano le ferite della pelle dei topi dopo un periodo di 10 minuti. “Il plasma freddo è in grado di uccidere i batteri, danneggiando il DNA microbico senza intaccare i tessuti umani”, ha dichiarato Ermolaeva. Il team di ricerca prevede di continuare le ricerche al fine di migliorare la tecnica e sperimentare utili applicazioni mediche. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Medical Microbiology. Fonte e approfondimento

Un dispositivo che produce energia elettrica in modo ibrido da luce e calore

Un prototipo di dispositivo in grado di generazione energia elettrica da fonti naturali, è stato presentato in questi giorni dai Fujitsu Laboratories. Si tratta di un congegno che combina due dispositivi in uno per generare energia elettrica in modo semplice, “pulito” e poco costoso. Lo strumento messo a punto dai Fujitsu Laboratories Ltd. permette la “raccolta di energia” sfruttando in modo ibrido le fonti di calore e luce. Il dispositivo è composto da materiale organico, il che rende il processo di fabbricazione poco costoso e con un’alta efficienza energetica. È in grado di produrre energia da fonti di calore così come produrre energia per illuminazione interna ed esterna utilizzando il fotovoltaico. Secondo Fujitsu, il nuovo dispositivo potrà trovare impiego commerciale a partire già dal 2015. I dettagli della nuova tecnologia sono stati presentati in occassione dell’IEEE International Electron Devices Meeting 2010 (IEDM 2010) che si è tenuto a San Francisco dal 6 all’8 di dicembre.Fonte e approfondimenti