Scoperto un buco nero gigante che la scienza ha difficoltà a spiegare
È stato chiamato SDSS J0100 + 2802, dietro questa insulsa sigla si nasconde il quasar più brillante dell’universo primordiale – sette volte più luminoso di qualunque altro quasar conosciuto – alimentato da un enorme buco nero (ben 12 miliardi di masse solari, contro i 4 milioni di masse della nostra Via Lattea), il più massiccio finora noto in epoche così remote.
A scoprirlo, grazie alle osservazioni effettuate con diversi telescopi (il Large Binocular Telescope dell’Arizona, il Lijiang nello Yunnan in Cina, il Multiple Mirror Telescope, il Magellan Telescope dell’Osservatorio di Las Campanas in Cile e il Gemini North posto sul Mauna Kea, nelle Hawaii) è stato Xue-Bing Wu, professore di astrofisica dell’Università di Pechino che ha lavorato a stretto contatto con un un team internazionale di astronomi. Il “mostro cosmico” si trova a 12,8 miliardi di anni luce dalla Terra.
La scoperta, pubblicata nell’ultimo numero della rivista Nature (26 febbraio), è di fondamentale importanza per capire come questi oggetti celesti si sono evoluti 900 milioni di anni dopo il Bing Bang. Xue-Bing Wu si chiede: “Come hanno potuto un quasar così luminoso e un buco nero così massiccio formarsi così presto nella storia dell’universo, in un’epoca risalente poco dopo la formazione delle prime stelle e galassie? E qual è il rapporto tra questo enorme buco nero e l’ambiente circostante, compresa la sua galassia ospitante?”
I quasar (QUASi-stellAR radio source) sono stati scoperti per la prima volta nel 1963, ad oggi gli astronomi ne hanno individuato oltre 200mila. Tecnicamente un quasar è un nucleo galattico attivo particolarmente luminoso. Molto distanti dalla Terra, hanno un potenziale energetico come nessun altro oggetto cosmico, emettendo energia equivalente a centinaia di normali galassie.